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venerdì 13 marzo 2015

UNA PATRIMONIALE COMUNALE SULLE GRANDI RICCHEZZE PER GARANTIRE I SERVIZI

Da anni il Comune di Roma ripete la stessa litania: non ci sono soldi. Taglio dei trasferimenti statali, Patto di stabilità interno, Piano di rientro dal debito, Piano di rientro strutturale sono queste le camicie di forza che, accettate supinamente dall’amministrazione, costringerebbero il Comune a tagliare i servizi, ridurre gli stipendi, vendere il proprio patrimonio, aumentare le tariffe.

Ma non è vero. Il comune ha altri strumenti per “far quadrare” il bilancio sociale del comune, questo sì profondamente in deficit: prendere i soldi là dove ci sono.
Roma è una città ricca, ma la ricchezza si è concentrata in poche mani. Roma è infatti anche la città più disuguale d’Italia. A Roma il 10% dei cittadini più ricchi possiede quasi il 50% di tutte le ricchezze. Si tratta di coloro che si sono arricchiti in questi anni, mentre la città sprofondava nella povertà.

Ma il comune non se ne accorge e si accanisce sui lavoratori e sulle fasce più deboli della popolazione. Si tratta di una scelta politica, non di una necessità.

Il Comune di Roma ha rinunciato a finanziare gli investimenti con l’istituzione di una Imposta di scopo (mini-patrimoniale comunale), che, se applicata alle grandi ricchezze, potrebbe dare un gettito superiore alla svendita di patrimonio immobiliare e aziende.
Il Comune di Roma ha rinunciato ad applicare la progressività delle imposte applicando ai super-ricchi le stesse aliquote Irpef, Imu e Tasi che devono pagare i cittadini normali, uscendo così dal dettato costituzionale.

Il Comune di Roma ha rinunciato alla lotta all’evasione fiscale, mentre paga interessi da usura alle banche e alla Cassa Depositi e Prestiti.
Serve una svolta politica: tassare i ricchi per garantire i servizi, a cominciare dalla istituzione di una patrimoniale comunale sulle grandi ricchezze immobiliari e dalla progressività delle imposte comunali, lotta alla evasione fiscale ericontrattazione del debito con banche e CDP.

Roma, 12 Marzo 2015.

#Romanonsivende

Un patto di stabilità killer degli Enti Locali



Gli Enti Locali (EELL)  sono al centro del mirino di politiche governative che puntano decisamente alla valorizzazione finanziaria del territorio, della vendita del patrimonio pubblico, della privatizzazione dei Servizi Pubblici Locali. E’ in atto un’azione politica autoritaria che punta a  ridurre la democrazia di prossimità e la scomparsa della funzione pubblica e sociale degli EELL.

Roma Capitale, con il decreto “Salva Roma” è nel pieno di questa manovra, che subisce  passivamente, secondo i diktat della troika governativa, accettando di tagliare diritti e servizi, con la sola disponibilità a tirare la coperta ora da una parte ora dall’altra, ma lasciando comunque scoperte parti vitali del tessuto sociale romano.

Uno degli strumenti più importanti usati per ricattare gli EELL è il Patto di Stabilità interno, ovvero le diverse misure stabilite annualmente per far concorrere gli EELL agli obiettivi di stabilità finanziaria decisi dallo Stato in accordo alla UE.

Occorre chiedere con forza ai rappresentanti politici di Roma Capitale di assumere la piena consapevolezza di questa “aggressione alla democrazia” e conseguentemente di prendere l’impegno per rovesciarla, a partire da un nuovo rapporto con la città, in piena discontinuità con Mafia Capitale. Riteniamo improrogabile una radicale modifica dei parametri relativi al Patto di Stabilità interno per consentire una nuova capacità di investimento nel campo del Beni Comuni, dei SPL, nel wellfare locale, nelle nuove opportunità di economia sociale territoriale, investimenti svincolati dal patto di stabilità.

Roma, 12 Marzo 2015.


Forum per una Nuova Finanza Pubblica e sociale
#Romanonsivende