lunedì 10 gennaio 2011

L’acqua e i veleni

di Concita De Gregorio

Ho visto un bellissimo film: «Anche la pioggia» di Iciar Bollain, la regista autrice di «Ti do i miei occhi», opera che mi auguro abbiate amato in molti. È candidato a rappresentare la Spagna agli Oscar, un temibile avversario per il nostro «La prima cosa bella», uscirà presto in Italia.
 
Ve ne parlo oggi perchè uscendo dalla sala ho molto pensato a quanto poco i giornali e le tv nazionali parlino della grande battaglia contro la privatizzazione dell’acqua, uno di quei temi che mobilitano grandi passioni soprattutto giovanili ­ - si tratta del futuro, del resto -­ e che sono trattati in genere, invece, come quelle campagne di certi estremisti che si ritovano sul web a protestare, inascoltati dalla politica e ignorati dai grandi mezzi di informazione.
 
È di acqua che parla, anche, il film di Iciar Bollain. Della grande rivolta contro la privatizzazione dell’acqua in Bolivia ­ - anche l’acqua della pioggia, anche su quella il governo ha preteso un dazio - ­mentre racconta di un film che una troupe spagnola sta girando su Colombo, la conquista delle Indie, Bartolomeo de las Casas.
Mentre gli attori il produttore il regista girano una storia di 600 anni fa, si trovano ad osservare, per le strade di Cochabamba, le stesse dinamiche, gli stessi soprusi ai danni degli indios, le stesse parole in bocca a moderni rivoltosi che pretendono solo di continuare a vivere nella loro terra senza morire per riverire l’invasore.
 
Ieri la Spagna, oggi le leggi dell’economia americana.
Ve ne parlo perchè la battaglia per l’acqua pubblica è uno di quei segni del tempo che passano inosservati e sono invece grandi trasformazioni epocali destinate a modificare il destino dei popoli, delle generazioni a venire.
 
Oggi non è di acqua ma di federalismo che si discute.
Discutere è un concetto forte: diciamo che la maggioranza degli italiani subisce senza sapere una trasformazione di cui non conosce connotati e conseguenze.
È la Lega che mena la danza. Da anni ripete che il federalismo è il futuro del paese, la chiave per chiudere col passato, è la strada per andare avanti anziché tornare indietro.
Il federalismo fiscale, antipasto di quello più ampio che dovrebbe seguire a ruota, sta dettando l’agenda politica del paese e del governo.
 
Senza federalismo niente Unità d’Italia.
Senza federalismo cade il governo.
Senza federalismo si va alle urne.
È una patacca, ma che volete che sia?
L’importante è avere un argomento per vincere le elezioni, uno scalpo da mostrare in campagna elettorale. Quella che sta per arrivare.
Perché il disegno della Lega è chiaro: prendere il federalismo, andare alle urne, fare il pieno di voti e puntare su un cavallo più verde che azzurro: Tremonti, ad esempio.
È il sogno di Bossi ma anche l’incubo di Berlusconi, sulla cui testa si addensano nubi minacciose, come quella che uscirà giovedì dal palazzo della Consulta.
Incubi e sospetti, veleni e coltelli (vedi lo splendido duello Feltri-Sallusti).
Eccola l’agenda politica del presidente del Consiglio: non risolvere i guai del paese, ma difendere la poltrona più alta.
 
E il federalismo?
Sarà un disastro ma facciamo silenzio, non diciamolo a nessuno.
Lasciamo che sia il popolo del web ad accorgersene.
 
Vi stanno togliendo l’acqua, e moltissimo di più.